
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky - ANSA
Il presidente Volodymyr Zelensky ha firmato un decreto per il ritiro dell'Ucraina dalla convenzione internazionale sulla messa al bando delle mine anti-uomo. "Decido di attuare la decisione del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale dell'Ucraina del 29 giugno 2025 sul ritiro dell'Ucraina dalla Convenzione sul divieto dell'uso, dello stoccaggio, della produzione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione del 18 settembre 1997", si legge nel decreto presidenziale. Restano ancora diversi passaggi prima di un ritiro effettivo: in primo luogo, il Parlamento ucraino, la Rada, deve votare a favore di tale decisione, e poi Kiev deve notificarla all'Onu.
La Convenzione di Ottawa del 1997, firmata da oltre 160 Paesi, vieta l'uso, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento di mine anti-uomo progettate per essere interrate o nascoste nel terreno. Detonate al contatto con una persona o in prossimità di essa, queste mine antiuomo possono uccidere o causare gravi ferite. Questi dispositivi spesso rimangono attivi dopo un conflitto, impedendo il ritorno delle popolazioni. L'Ucraina ha ratificato questo trattato nel 2005, ma la Russia no, invadendone il territorio nel febbraio 2022. Il ministero degli Esteri ucraino ha definito la misura in una dichiarazione come "difficile" ma "necessaria e proporzionata", data "l'assoluta priorità di difendere il nostro Stato dalla brutale aggressione russa".
Roman Kostenko, deputato ucraino membro della commissione parlamentare per la sicurezza nazionale, ha accolto con favore la decisione di Volodymyr Zelensky. "Si tratta di una misura che la realtà della guerra richiede da tempo", ha dichiarato su Facebook." La Russia non è firmataria di questa convenzione e sta utilizzando massicciamente mine contro i nostri militari e civili. Non possiamo rimanere vincolati dagli obblighi finche' il nemico non ha restrizioni", ha aggiunto. Lo scorso marzo, i tre Paesi baltici - Lituania, Lettonia ed Estonia - così come la Polonia, tutti stretti alleati dell'Ucraina, hanno annunciato la decisione di abbandonare la Convenzione di Ottawa, una decisione deplorata dalle Ong. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) ha denunciato una "pericolosa battuta d'arresto per la protezione dei civili nei conflitti armati".

Il cielo sopra Kiev solcato dai droni russi - REUTERS
Per il Paese si è, intanto, consumata un’altra notte di terrore. Un "attacco combinato su vasta scala" dei russi si è abbattuta sull’Ucraina: oltre 500 droni e missili lanciati in diverse regioni del Paese, inclusa Kiev e quella occidentale di Leopoli, che hanno spinto la Polonia a far alzare in volo i suoi caccia per monitorare i confini. È un nuovo record per intensità di attacco, l'ennesimo atto di questa guerra infinita senza apparenti spiragli di tregua. Lo fa intendere il Cremlino, che rifiuta di tornare al negoziato se l'Occidente alzerà ancora la pressione con le sanzioni, e lo conferma Volodymyr Zelensky.
Le difese antiaeree di Kiev, tra sabato e domenica, sono state costrette ancora una volta agli straordinari di fronte alla potenza di fuoco del nemico. L'aeronautica ha riferito di 477 droni e 60 missili di vario tipo lanciati dai bombardieri russi. Quasi tutti i droni e 39 missili sarebbero stati intercettati, mentre quelli che sono riusciti a sfondare hanno provocato l'abbattimento di un caccia F-16 e l'uccisione del pilota e diversi feriti tra i civili a terra, secondo quanto riportato dalle autorità locali. La maggior parte (11 tra cui 2 bambini) nella regione centrale di Cherkasy, ma anche a Ivano-Frankivsk nell'ovest. Un uomo è rimasto ucciso a bordo di un'auto a Kharkiv. L'esercito russo invece ha affermato che sono stati colpiti soltanto siti del complesso militare-industriale ucraino e raffinerie di petrolio.
Sul terreno, negli ultimi giorni gli assalti della fanteria russa hanno registrato un'avanzata al confine tra le regioni di Donetsk e Dnipropetrovsk, conquistando due centri urbani. Lo stato maggiore ucraino ha stimato 110mila soldati nemici concentrati in questa linea del fronte (rispetto ai 70mila di dicembre). Soprattutto intorno alla città di Pokrovsk, dove di verificano almeno 50 scontri al fuoco al giorno. Va meglio invece il contenimento dell'Armata di Putin nella regione nord-orientale di Sumy.
Con le sue forze armate in difficoltà, Zelensky ha preso una decisione controversa, che ora dovrà essere ratificata dal parlamento: ritirare il Paese dalla Convenzione di Ottawa, che vieta ai firmatari (160 Paesi, ma non Stati Uniti e Russia) di acquisire, produrre, o utilizzare mine antiuomo. Ordigni che secondo le organizzazioni umanitarie mettono a rischio i civili, rimanendo inesplose sottoterra per lungo tempo. Un passo analogo era stato già fatto nei mesi scorsi da Polonia, Finlandia, Lituania, Lettonia ed Estonia, tutti confinanti con la Russia. Il leader ucraino, sempre nella logica di rafforzare le difese, ha rinnovato la richiesta a Donald Trump di acquistare nuovi sistemi Patriot. Dalla Casa Bianca, tuttavia, non è ancora arrivata una risposta.
Washington, nel frattempo, tiene aperti i canali con Mosca. Il direttore dell'intelligence estera russa Sergei Naryshkin ha reso noto di aver parlato per la seconda volta in tre mesi con il capo della Cia John Ratcliffe. "Abbiamo concordato di chiamarci in qualsiasi momento per discutere questioni di nostro interesse", ha fatto sapere Naryshkin, nel contesto di un crescente riavvicinamento tra Usa e Russia. In ogni caso, comunque, Trump vuole mantenere una forma di pressione su Putin per spingerlo a trattare seriamente la pace. Tanto che ha esortato i repubblicani a "muoversi" sull'approvazione della legge che autorizzerebbe la Casa Bianca a imporre nuove sanzioni. Lo ha rivelato il senatore Lindset Graham, uno dei più potenti e più vicini al presidente.
Lo spettro di nuove ritorsioni economiche agita Mosca. "Vuole sconfiggerci strategicamente usando l'Ucraina come ariete ma non ci riuscirà", è l'avvertimento del ministro degli Esteri Sergheij Lavrov. E "più gravi saranno le misure, più seria sarà la nostra risposta", gli ha fatto eco il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, nei giorni in cui l'Ue ha rinnovato di altri sei mesi tutte le restrizioni in vigore, mentre è in cantiere un 18esimo pacchetto.